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cane [k#ne] s. m. («animale») — tronc. in certe locuz.: can barbone; menare il can per l’aia; in certi proverbi: can che abbaia non morde; non svegliare il can che dorme; a can che lecca cenere non gli fidar farina; in certi nomi propri: via del Can Bianco, a Pistoia; nell’uso pop. o lett., anche in altri casi, particolarm. davanti alla specificaz. di una razza o di altre caratteristiche, oppure, in antico, davanti ad aggiunte ingiuriose: sozzo can vituperato, dunque mi fai tu questo? [S1ZZo k#n vituper#to, d2jkUe mi f#i tu kkU%Sto?] (Boccaccio); non parve gottoso, ma più tosto barbaresco o can da giugnere [nom p#rve gott1So, ma ppLu tt0Sto barbar%Sko o kk#n da JJ2n’n’ere] (Sacchetti); tu mi riesci ora un can da pagliaio [t2 mmi ri-$šši 1ra uj k#n da ppal’l’#Lo] (Manzoni); come un can levriero [k1me uj k#n levrL$ro] (Collodi); due can mastini vestiti da giandarmi [due k#m maSt&ni veSt&ti da JJand#rmi] (id.); come il morso di un can guasto [k1me il m0rSo di uj kaj gU#Sto] (Nobili); una specie di can bassotto [una Spe di k#m baSS0tto] (Moretti); cane (o can) da séguito — sim. il pers. m. stor. Cane (con possibile tronc.: Can della Scala, Can Grande della Scala) e i cogn. Cane (portato per es. dal condottiero Facino C., m. 1412), Cani — cfr. pescecane

DOP

Redatto in origine da
Bruno Migliorini
Carlo Tagliavini
Piero Fiorelli

 

Riveduto, aggiornato, accresciuto da
Piero Fiorelli
e Tommaso Francesco Bórri

 

Versione multimediale ideata e diretta da
Renato Parascandolo